Museo Etnopreistoria del CAI di Napoli "Alfonso Piciocchi"

Museo sulla preistoria in Campania e sulla civiltà pastorale, contadina, montana nel Mezzogiorno

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Guida al Museo Etnografico - Pagina 4

Indice
Guida al Museo Etnografico
Introduzione
Categorie Interpretative
Indicazioni Orientative
Il lavoro agricolo
Il lavoro pastorale
Il lavoro domestico e artigianale
La cura di asini, muli e cavalli
Le unità di misura
La cultura
Bibliografia
Tutte le pagine

 

 

Il lavoro pastorale

Il pastore dell'Appennino centro - meridionale, alla pari forse di quelli di altre zone montane, é stato da secoli caratterizzato da una vita spesso nomade o comunque condotta lontano dagli affetti familiari e parentali e lontano anche da luoghi ove reperire le cose più elementari per la sua esistenza, una vita vissuta quindi nella necessità di conseguire una piena autonomia funzionale.

Il pastore é stato da sempre

  • allevatore,
  • mastro casaro,
  • contabile,
  • artigiano del legno e del cuoio,
  • meteorologo,
  • cuoco,
  • geografo,
  • e medico di se stesso e degli animali a lui affidati.

É di solito una figura fuori da ogni epoca, una figura aldilà della storia, privo di relazioni sociali con la gente dei paesi tranne che per il suo nucleo familiare e per i parenti stretti, un solitario, un autoemarginato, un uomo che ha per destino il continuo camminare.

Non ha estati ma sempre inverni.

Va al mare quando gli altri vanno a sciare in montagna ed in montagna quando gran parte della gente comune va al mare.

É sempre vestito di pelle o di lana, é oggetto di sarcasmi da parte dei residenti, sembra un uomo di altra età di altra epoca e capitato solo per caso tra gli altri uomini.

É stato da sempre preparato a realizzare orgogliosamente da se pressoché tutti gli oggetti che gli servivano nella sua esistenza nomade, domestica e nel suo lavoro, oggetti che lo avrebbero accompagnato nella vita, ma che servivano anche per un piccolo baratto nei centri abitati attraversati.

Al proprio orgoglio di manufattore associava ovviamente la necessità di dover provvedere in proprio a qualsivoglia esigenza, per la assoluta mancanza di alternative determinate in parte dalle non floride condizioni economiche ed in parte dalla lontananza dai centri di produzione e distribuzione di manufatti prodotti da altri.

La indipendenza funzionale del pastore era assolutamente necessaria nei casi di pastorizia transumante ma lo era anche nel casi di piccoli allevamenti che, pur non essendo transumanti erano comunque tenuti lontano dai centri abitati, nelle zone cosiddette marginali, cioè quelle per cui non risultava conveniente la coltivazione agricola ma, essendo terreni poveri, sassosi o troppo lontani dalle residenze contadine e bracciantili, conveniva la loro destinazione a pascolo.

Proprio per sopperire a queste necessità gli oggetti cui ci si riferisce hanno spesso caratteristiche uniche che, sapientemente lette, ci possono riferire della vita di intere generazioni di pastori. Oggetti significativi di questa attività di artigiano sono soprattutto quelli legati alla primaria funzione di allevatore, poi quelli necessari per la trasformazione del latte, infine quelli legati all'impiego operoso del tempo libero.

Sistemazione degli oggetti riferibili alle culture pastorali

Fra gli oggetti strettamente connessi alla attività di allevatore il museo espone, sopratutto nella sala Barracco, una vasta gamma di collari per ovini e per bovini, talvolta semplici, strettamente ligi alla funzione svolta, talvolta riccamente intagliati con figure sia semplicemente decorative sia magico-rituali, troviamo anche attrezzature per la tosa e per la mungitura degli animali, ed attrezzi per la identificazione delle greggi.

Accanto a questi manufatti testimoniano la attività pastorale anche oggetti di uso domestico in legno intagliato o in metallo, recipienti in vimini o altri vegetali simili e destinati a contenere formaggi teneri durante le prime fasi di produzione.

Testimonianze infine delle attività pastorali sono anche i capi di abbigliamento e 129 le calzature. Oggetti questi che rispecchiano la necessità di ripararsi dalle possibili offese determinate dagli elementi naturali quali freddo, intemperie, piante spinose.

La materia prima per questi manufatti autoprodotti era fornita esclusivamente dalla natura circostante quindi legno[4], pellame grezzo e non conciato, fibre vegetali ed animali, raramente cuoio in fogli acquistato o barattato, ecc. Solo in anni molto vicini a noi nelle attrezzature del pastore sono comparsi oggetti di produzione industriale in vetro, alluminio, lamiera zincata o in materie plastiche.

É interessante notare, nelle decorazioni degli oggetti esposti una significativa continuità stilistica tra le decorazioni delle epoche preistoriche e quelli esposti nella sala Barracco e risalenti al massimo al secolo scorso.

Abbigliamento

'abbigliamento tipico del pastore era modulato in funzione delle necessità che si potevano incontrare nella vita vagabonda che doveva affrontare, poche erano le diffe­renze tra il periodo estivo e quello invernale, tra il pascolo in montagna e quello al piano.

Sostanzialmente era costituito da:

  • indumenti vari di lana di pecora filata e tessuta in famiglia, dalle donne del pastore, madre, sorelle, moglie.
  • pelliccia impermeabile fatta di pelli ovine, tagliate e cucite dallo stesso pastore,
  • negli ultimi anni si é diffuso l'uso di vecchi indumenti di marina dismessi.
  • calzature di legno intagliate da un piccolo tronco oppure, più raramente di cuoio,
  • in anni recenti ricavate da vecchi copertoni per auto.
  • gambali di cuoio oppure di corteccia di albero.
  • cappello impermeabile ed a larga tesa di cuoio.

Utensileria

  • borraccia di legno ricavata da un unico pezzo di legno incavato pazientemente con il coltello, o di legno a doghe come una botticella, più raramente di terracotta a due manici, in anni più vicini a noi di vetro impagliato o di plastica.
  • recipienti per l'olio, per il sale ed altri condimenti ricavati da un corno di bue o intagliati in un tronchetto di legno.
  • vari tipi di coltello, per tagliare il pane, per intagliare il legno, per piccoli interventi sugli animali.
  • utensili per cucinare qualche pasto caldo.
  • bisaccia o sacca di lana o di pelle con tasche separate per i diversi oggetti.

Attrezzatura di lavoro

  • reti di fibra vegetale ritorta ed annodata, e paletti di legno per costruire rapidamente uno stazzo.
  • mazzola di legno arcuata e con un incavo per poter piantare i paletti.
  • ascia leggera e ricurva per ricavare dai polloni delle piante i paletti necessari per le recinzioni.
  • panchetta a tre piedi per potersi sedere e mungere gli animali comodamente - una grande pentola in rame stagnato, per produrre i formaggi. - treppiedi di supporto alla pentola.
  • mestolame vario, di solito di legno.
  • recipienti in vimini per ricotte e formaggi molli. - ferri per la marchiatura degli animali.
  • collari in legno, talvolta corredati di campanacci in bronzo o in ferro.
  • collari antilupo per i cani e tagliole per lupi e volpi.

I collari e i campanacci

Di notevole rilievo é la ampia collezione di collari e di campanacci per animali di varia taglia presenti nell'angolo a sinistra ed in fondo alla sala Barracco.

Vi sono rappresentate varie tecnologie provenienti da diverse aree geografiche. Sono da notare almeno tre diverse tecniche di chiusura del collare, con doppio inca­stro sporgente verso l'esterno, con incastro a completa scomparsa, con chiusura mediante chiavetta di legno o bulloncino metallico.

Analogamente per i campanacci ne esistono alcuni in bronzo fuso, altri ricavati da foglio di lamiera di ottone, qualcuno completamente in legno e qualcuno in ferro. Alcuni di essi mostrano le tracce di numerose riparazioni, artigianali o fatte da mano esperta.

Utensili per il tempo diverso da quello lavorativo

  • zampogna o piffero o zufolo o armonica a bocca.
  • utensili per la lavorazione artigianale del legno o del cuoio. - utensili per la lavorazione del pellame ovino.

I cicli del lavoro pastorale

Il lavoro non industriale, sia esso agricolo che pastorale, ha tempi propri che seguono i ritmi naturali, l'evolvere delle stagioni, le ore di luce dei vari periodi dell'anno, i cicli meteorologici anche se pluriannuali ecc. Il lavoro pastorale in parti­colare é legato ad una triplice ciclicità che ne determina in maniera univoca i tempi.

Una prima ciclicità é legata all'evolvere delle stagioni meteorologiche, esistono infatti periodi dell'anno in cui il pascolo é abbondante e buono in località montane ed altri periodi in cui la montagna non offre buona ospitalità agli animali né sotto l'aspetto climatico né sotto il profilo alimentare, il pastore da sempre sa che occorre sfruttare le località montane e quelle padane con due spostamenti nel corso dell'anno solare.

Spesso questi trasferimenti sono a breve raggio, qualche decina di chilometri, talvolta invece sono delle vere e proprie migrazioni di qualche centinaio di chilometri come quelle tradizionali che si svolgevano sino all'inizio di questo secolo dai monti abruzzesi alle piane laziali e pugliesi, o dalle montagne calabro - lucane alla piana metapontina o alla valle del fiume Crati in Calabria.

Un'altra ciclicità é determinata dalle fasi vitali degli animali, durante l'arco dell'anno esistono periodi, non sempre uniformi e prevedibili, in cui gli animali prolificano, producono latte, hanno bisogno di essere tosati, altri in cui vanno avviati al consumo della carne, il pastore deve osservare con sufficiente precisione, spesso deve precedere, queste ciclicità in modo da cogliere sempre il momento opportuno per ognuna di queste operazioni

Infine il pastore é condizionato anche dalla durata della luce solare, in località montane, non fornite di luce artificiale, le giornate invernali sono corte con talora meno di sette ore di luce al giorno, le giornate estive invece sono lunghe, in alcuni mesi con anche quindici ore di luce al giorno.

La giornata del pastore sia esso impegnato nelle vere e proprie attività lavorative o in quelle collaterali si deve adeguare alla durata della luce solare, lavorerà quindi di più in estate e meno in inverno.

Il latte e i suoi derivati

Il latte é un prodotto a brevissima conservazione, già subito dopo la mungitura inizia l'opera di specifici microrganismi, i fermenti lattici, che, attivando una serie di reazioni chimiche, lo rendono acido e non più utilizzabile in poche ore.

L'opera di fermentazione del latte é rallentata a temperature basse ma, in epoche e località ove non esistono sistemi di refrigerazione efficienti, deve quindi essere consumato in giornata o trasformato rapidamente nei suoi derivati che hanno un tempo di conservazione decisamente più lungo.

Nei casi in cui l'allevamento era vicino ad un paese una parte del latte veniva consegnato, a cura dell'allevatore, a chi lo aveva richiesto, la consegna avveniva, in tempi recenti, con bidoncini di alluminio a chiusura ermetica, `lu sicchiette', i bidoncini erano anche utilizzati come strumento di misura perché esistevano nelle dimensioni da un quarto di litro sino ai cinque litri.

Il latte che non era stato distribuito veniva trasformato in ricotta, burro e formaggio, riscaldandolo sino ai 40-50 gradi in grossi calderoni, `i caccavi', ed aggiungendo il `caglio'.

Il caglio é un prodotto che si trova localizzato nello stomaco degli animali lattanti e contiene un enzima in grado di determinare la coagulazione della caseina che é la più importante delle proteine del latte e che é necessaria per ogni trasformazione del latte nei suoi derivati, formaggi o ricotte.

L'effetto di coagulazione della caseina si poteva ottenere anche mediante l'uso di alcune piante o erbe, oggi é molto diffuso l'uso di caglio sintetico.

Il latte riscaldato e sottoposto alla azione del caglio si separa in due componenti, la cagliata, che é una massa solida, e il siero che é liquido.

La parte solida, separata dal siero con vari sistemi, salata e messa nelle forme di vimini o di plastica costituisce il formaggio che va poi stagionato e sottoposto ad eventuali trattamenti di affumicatura o di ricopertura con prodotti che lo isolano dall'aria ambiente.

Nell'angolo in fondo a destra della sala Barracco sono raggruppati quasi tutti gli utensili che servivano per l'utilizzo del latte e per la produzione dei suoi derivati.

Troviamo i secchi necessari per la mungitura, i bidoncini per la consegna a domicilio, due `caccavi' i`menatori' per i caccavi, i recipienti di vimini per la ricotta e per i formaggi secchi.

Di particolare rilievo in questo angolo é un regolo ligneo con trenta suddivisioni corrispondenti ai litri e mezzi litri.

Il regolo serviva per misurare il latte nel secchio di mungitura, poiché questo non é cilindrico ma troncoconico, il regolo deve essere tarato con una legge esponenziale, la cosa é stata fatta ovviamente per via sperimentale.