Museo Etnopreistoria del CAI di Napoli "Alfonso Piciocchi"

Museo sulla preistoria in Campania e sulla civiltà pastorale, contadina, montana nel Mezzogiorno

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Guida al Museo Etnografico - Pagina 5

Indice
Guida al Museo Etnografico
Introduzione
Categorie Interpretative
Indicazioni Orientative
Il lavoro agricolo
Il lavoro pastorale
Il lavoro domestico e artigianale
La cura di asini, muli e cavalli
Le unità di misura
La cultura
Bibliografia
Tutte le pagine

 

 

Il lavoro agricolo

Pur appartenendo alla stessa base culturale del lavoro pastorale, il lavoro agricolo si differenzia da questo in diversi aspetti, il primo e decisamente il più condizionante é la notevole stabilità residenziale del principale attore, il contadino.

Questi di solito nasce, vive e muore in un ristretto ambito geografico, anche se non é proprietario ma solo coltivatore.

Il contadino quindi approfondisce maggiormente il rapporto con la propria casa, con la propria terra, e in genere con proprio territorio.

Proprio per questa sua relativa stabilità, può e deve permettersi di incrementare la produttività del terreno, degli alberi e di tutte le risorse a sua disposizione.

  • Perfeziona quindi progressivamente le tecnologie e le metodologie di coltura,
  • cerca sinergie tra il piccolo allevamento e la coltivazione,
  • integra il lavoro agricolo con il piccolo artigianato soprattutto per l'impiego operoso dei periodi invernali in cui la terra richiede scarso impegno.

Trasforma la intera sua famiglia in una microazienda in cui ognuno fa qualcosa nell'interesse collettivo.

Il mondo contadino tuttavia aveva orizzonti geografici e culturali molto ristretti, il paese, la frazione, la casa, la piazza, la chiesa.

Si nasceva, ci si sposava e si moriva all'ombra della casa.

Lo spazio antropico contadino conteneva in sé tutti i riferimenti tradizionali di un universo simbolico che nella sua limitata spazialità trovava i motivi di origine e permanenza.

Le tappe fondamentali del ciclo della vita contadina, l'incedere delle stagioni, erano scanditi da ritualità tradizionali che oggi si presentano senza il significato originario e talvolta incomprensibili perché prive del loro motivo d'essere.

Lo spazio conosciuto forniva rassicurazioni emotive durante le delicate fasi di passaggio ma non forniva alcun conforto materiale.

Nei paesi e, maggiormente, nelle frazioni tutti conoscevano tutto di tutti, il controllo sociale era serrato, il rispetto delle regole empiriche di vita assoluto.

Le uniche certezze per riuscire a superare le difficoltà della vita quotidiana stavano nel rispetto delle norme e degli schemi di vita molto precisi, riconosciuti nel loro aspetto esteriore e riprodotti e riproposti all'infinito, nella convinzione, quanto mai empirica, che proprio dentro di essi fosse il magico segreto della sopravvivenza.

La stessa incrollabile solidarietà contadina non sempre era disinteressata, molto spesso era frutto di un precario equilibrio, dettato certamente da negative esperienze, dell'oggi a te domani, forse, a me.

Il calendario agricolo

L'organizzazione del tempo agricolo ha questo carattere particolare rispetto a quello dei centri industriali ed urbani: le sue attività non sono costanti e ripetitive lungo tutto l'arco dell'anno, sono invece ritmate dalle stagioni e dai cicli vegetativi, sono suddivise in una serie di operazioni diverse, ognuna nettamente delimitata nel tempo.

Le principali articolazioni del calendario agricolo sono da considerare come delle cerniere fra ciascuna di queste operazioni.

Spesso sono contrassegnate da brevi periodi di respiro che assumono la forma, nel rituale rurale, di feste il cui carattere sacro é oggi di molto attenuato, ma che tuttora permangono come mercati, fiere, feste locali più o meno alterate nelle loro connotazioni originarie.

La stessa data di inizio del calendario agricolo non è la stessa in tutte le zone rurali e non coincide con la data ufficiale del 1 gennaio, convenzionalmente data di partenza dell'anno civile.

L'annata agricola termina ed inizia con la fine del raccolto principale e con l'inizio delle lavorazioni per giungere al prossimo raccolto, nelle zone a prevalente vocazione cerealicola pertanto l'annata agraria inizia e termina a fine agosto o in settembre, nelle zone a colture miste tradizionalmente l'annata agricola inizia e termina in autunno inoltrato.

L'aratro

L'aratro, strumento base delle colture cerealicole (frumento, miglio, segala, farro, panico, orzo), é stato una grande conquista tecnologica perché consente di utilizzare, per dissodare e mettere a coltura i terreni, anziché la sola forza umana, la forza ben più grande degli animali domestici.

La sua scoperta é molto remota e certamente risale ad epoche precedenti a quelle per cui disponiamo di documenti storici.

Il suo perfezionamento é stato continuo e graduale e per molti anni il suo progredire tecnico ha scandito anche il progredire della intera umanità.

Il museo ne propone alcuni esemplari abbastanza significativi.

Al soffitto della sala Croce é sospeso un aratro a chiodo completo di giogo per una coppia di buoi.

Si tratta certamente del manufatto maggiormente rappresentativo della parte etnografica del museo, é un aratro semplice, ricavato da un intero tronco d'albero reperito in natura già a forma e misura, al tronco é stato adattato il vomere, cioè la parte che si conficca nel terreno, ne rompe lo strato superficiale e rovescia la zolla.

Questo é a forma di chiodo appiattito con il solo puntalino metallico, adatto cioè per terreni duri, argillosi e pieni di sassi e radici superficiali.

Il vomere non é fissato rigidamente alla bure, la asta centrale dell'aratro, ma può essere regolato con una inclinazione variabile in funzione del tipo di terreno e della profondità di aratura che si desidera.

Il giogo, anch'esso molto semplice é ricavato da un sol pezzo di legno leggermente sagomato ed é dimensionato per animali di grossa taglia, certamente buoi e non muli o cavalli.

Pur con qualche rischio di inesattezza si può far risalire l'epoca di costruzione alla seconda metà del XVII sec. o all'inizio del XVIII sec. e la zona di provenienza alle colline interne della Campania o Basilicata.

Il modello comunque é quello della 'perticara' medievale, costruita prevalentemente in legno con in ferro solo le parti usurabili, é uno strumento che é stato usato dal basso medioevo sino alla fine dell'ottocento e nei primi decenni del novecento, allorquando furono introdotti aratri completamente in ferro, con e senza ruote.

Un aratro metallico, abbastanza perfezionato é in mostra all'ingresso principale del museo, l'utensile é fatto ancora per il traino animale ma può anche essere collegato rudimentalmente ad una macchina trattrice.

Questo esemplare dispone di regolazioni di profondità di solco, di inclinazione del taglio, di un avanvomere, e rappresenta il top della tecnologia degli anni a cavallo tra questo secolo ed il precedente.

Frammenti di aratro e di erpici di varie epoche sono presenti anche nell'angolo a destra del corridoio nella sala Barracco.

La fine dell'aratro classico, a trazione animale, é iniziata, nelle aree rurali settentrionali, dopo la prima guerra mondiale a seguito della riutilizzazione di automezzi costruiti per usi bellici e che si prestavano bene all'impiego nelle campagne.

Nell'Italia meridionale e comunque diffusamente in tutt'Italia la grande meccanizzazione agricola é avvenuta a partire dagli anni 50.

Il vino

La produzione del vino é di estrema importanza negli ambienti contadini, interi gruppi parentali sono coinvolti nelle varie operazioni colturali, dalla cura della vite fino alla raccolta e pigiatura dei grappoli. La vendemmia è stata da sempre una festa grande come tutte quelle che in ambito contadino si verificavano ad ogni fine raccolto.

Al museo, per motivi di spazio, non ci sono botti, tini, ecc. ma, nell'angolo in fondo a sinistra nel corridoio, sono esposti solo alcuni oggetti significativi delle colture vitivinicole quali i`cacciavino', cioè quei rubinetti di legno che stavano alla base delle botti e che servivano per riempire bottiglie ed altri recipienti più piccoli, il soffietto per irrorare le viti con zolfo e verderame, gli utensili per riparare botti e barili, le damigiane per il trasporto e la vendita di vino.