Le unità di misura
Sino ad una cinquantina di anni fa erano ancora in uso in molte zone unità di misura diverse da quelle attuali, incomprensibili e troppo eterogenee per un osservatore moderno, ma logiche e coerenti con la società che le aveva elaborate ed adottate per risolvere sue specifiche esigenze.
Molte delle attività umane erano determinate in maniera univoca da queste misure.
Mobili, abitazioni, utensili, recipienti vari ed altri oggetti erano costruiti tenendo a riferimento le grandezze di misura valide all'epoca nelle singole realtà geografiche.
Talvolta ancora oggi alcuni oggetti di uso quotidiano rispondono più ad unità di misura passate che a quelle imposte da leggi e regolamenti, ad esempio la damigiana, il recipiente di vetro per oli e vini, ha una capacità di 54 litri e non cinquanta come dovrebbe risultare dalla adozione delle unità di misura attuali.
Parliamo di grandezze nate per specifiche esigenze agricole e pastorali e che avevano nessi stretti con gli strumenti a disposizione, il palmo, il passo, la giornata di lavoro umano, ecc.
Le unità elementari di misura avevano relazioni anche con le necessità domestiche, ad esempio una 'catasta' di legna era considerata la quantità necessaria per gli usi annuali di una famiglia media.
I nomi indicavano sempre sia la quantità misurata sia l'oggetto che si usava per misurarla, ad esempio il `barile' era al tempo stesso una quantità ben definita di vino e il contenitore che aveva tale capacità, lo 'staio' era sia una stabilita quantità di grano che il recipiente troncoconico di legno a doghe che, riempito a raso, conteneva esattamente uno staio di grano.
Spesso i nomi delle unità di misura avevano antiche radici storiche, un esempio per tutti: il tomolo, in uso esclusivamente nell'Italia meridionale ed insulare, a lungo occupata dagli arabi, deriva infatti da 'thumn' che, in arabo, significa un ottavo (ovviamente di una misura più grande).
Nel 1861, dopo l'unità d'Italia, venivano adottate ufficialmente le unità di misura stabilite dal sistema metrico decimale e si dichiararono decadute tutte le precedenti, la adozione della metrologia ufficiale tuttavia subì notevoli ritardi, ancora negli anni cinquanta, ad esempio, si stilavano rogiti notarili con la indicazione della superficie agraria in `tomoli' anziché in are.
Qui di seguito, e solo a titolo di esempio, sono riportate alcune delle unità di misura usate nel passato nell'Italia meridionale e le corrispondenze approssimative con le misure attuali.
Superfici:
Tomolo Misura per terreni in uso in tutta l'Italia meridionale, era la quantità di terreno seminabile con un `tomolo' di grano,
- in Campania valeva circa 3.066 mq,
- in Basilicata circa 2.220 mq
- in Sicilia circa 1.091 mq.
Lunghezze:
Braccio Misura usata per stoffe, cordami, ecc. pari, a Napoli, a circa 70 cm.
Canna In uso pressoché in tutta Italia, valeva 8`palmi', circa 2,11 m
Miglio pari a 1000 `passi', cioè, nel Regno di Napoli, circa 1900 metri.
Palmo unità di misura lineare, talvolta chiamata anche `spanna' e pari a circa 26,5 cm.
Passo Misura di lunghezza pari a 7`palmi' circa 1,8 metri.
Capacità:
Barile Unità di misura per liquidi, acqua e vino, pari a circa 44 litri.
Catasta Misura di capacità usata per la legna, era pari al volume contenuto in un parallelepipedo dai lati di circa 16x5x5 `palmi', cioè circa 7 metri cubi.
Fiasco Unità di misura per vino ed olio, era pari ad un ventesimo di `barile', cioè 2,2 litri.
Mèta Misura di capacità per fieno o paglia, equivaleva alla capacità di un cono ideale approssimativamente alto due `canne' e con raggio di circa una canna'.
Sacco Misura per cereali e sfarinati, pari a 3`staia' circa 80 litri.
Tomolo Misura per cereali in uso pressoché in tutta l'Italia meridionale pari a circa 56 litri in Campania, Puglia e Basilicata, valeva circa 17 litri in Sicilia.
Peso:
Libbra Misura di peso pari a circa 320 grammi.
Oncia Misura di peso pari a un dodicesimo di `libbra' e pari, nel Regno di Napoli, a circa 26 grammi.
Rotolo Misura per prodotti pregiati, sale, zucchero, ecc., pari a
- circa 891 grammi in Campania,
- a 793 grammi in Sicilia.
Monete:
Carlino Moneta coniata dapprima da Carlo I d'Angiò, poi dai Borboni, valeva circa un decimo di 'ducato'.
Ducato Moneta in vigore nel regno delle due sicilie, valeva circa lire 4,25
Grano Moneta napoletana di rame, fatta coniare per la prima volta da Ferdinando II d'Aragona, era in vigore in tutto il regno delle due Sicilie e valeva
- 0,0425 lire,
- 10 `grani' costituivano il Carlino,
- 100 `grani' il ducato,
- 120 `grani' la pezza o piastra.
Lira Moneta in vigore in vari stati, anche nell'Italia Meridionale, aveva il valore convenzionale di una libbra di rame
Tarì Moneta d'oro o d'argento di valore pari a`carlini' 2 o lire 0,85
Tornese Moneta napoletana che valeva 2 centesimi di lira.
Tempo:
Giornata Unità di misura del tempo, soprattutto lavorativo, era scandita dall'incedere delle funzioni liturgiche che, a loro volta, erano determinate dal sorgere e tramontare del sole, aveva durata di circa 8 ore d'inverno e circa 12 in estate.
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