Museo Etnopreistoria del CAI di Napoli "Alfonso Piciocchi"

Museo sulla preistoria in Campania e sulla civiltà pastorale, contadina, montana nel Mezzogiorno

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Guida al Museo Etnografico

Indice
Guida al Museo Etnografico
Introduzione
Categorie Interpretative
Indicazioni Orientative
Il lavoro agricolo
Il lavoro pastorale
Il lavoro domestico e artigianale
La cura di asini, muli e cavalli
Le unità di misura
La cultura
Bibliografia
Tutte le pagine

GUIDA AL MUSEO ETNOGRAFICO
a cura di F.S. Barbato
Museografia della cultura materiale

Già dalla metà del secolo scorso la storia dell'uomo lavoratore ed il suo rapporto con il territorio sono motivo d'interesse e di studio nei numerosi `musei dell'agricoltura sorti pressoché in tutto il mondo.

In particolare la museografia agricola europea ha una sua lunga tradizione.

Già verso la fine del XIX secolo in Cecoslovacchia venne realizzato uno dei primi grandi musei dell'agricoltura e in Svezia venne inaugurato il primo museo `a cielo aperto, cioè un insieme di fattorie, di mulini, di segherie, che sancì il passaggio dalla museografia intesa come semplice collezione, più o meno organizzata, di oggetti a quella che facendosi più rispettosa del contesto ambientale si preoccupava di salvaguardare e documentare tecnologie, culture, idee, architetture e interi ambienti.

In Ungheria, sempre sul finire del secolo scorso ed in occasione del millenario di fondazione della nazione magiara, nacque uno dei più grandi musei dell'agricoltura del mondo, più volte preso a modello anche da altri paesi.

Anche in Italia, a partire dalla seconda metà del secolo scorso si è avuto un certo sviluppo della museografia `popolare' o`demologica' grazie agli interessi di singoli intellettuali mossi da idee positiviste ed illuministe che, occasionalmente, o per motivi professionali, avevano avuto contatti con il diverso da sé, con il pittoresco, con il curioso.

Medici, avvocati e professori che frequentavano molte persone di condizione sociale diversa dalla loro e che acquisivano conoscenza di una cultura portatrice di altri valori sentivano il bisogno di divulgare queste loro conoscenze, magari descrivendole, in contrapposizione con quelle derivate dalla loro cultura, per definizione civile ed evoluta, come 'sopravvivenze di un mondo primitivo', `errori popolari', `superstizioni', `credenze magiche', `sistemi di vita primitivi', ecc. e sentivano anche il bisogno di raccogliere e portare nella loro cultura oggetti provenienti da quella delle classi povere, rurali o pastorali.

Di solito a quest'epoca, almeno per quanto riguarda il nostro paese, appartengono nutrite collezioni monotematiche che però non rispecchiano la globalità degli interessi etnologici.

Talvolta queste, che erano solo premesse museografiche, hanno trovato ampliamenti e sistemazioni teoriche valide solo nel secolo successivo, grazie anche al progredire degli studi etnoantropologici ed al parallelo perfezionarsi delle tecniche museografiche ed espositive.

Talvolta queste collezioni sono entrate a far parte, caratterizzandole in maniera determinante, di più ampie esposizioni museali.

Solo in anni recenti, in gran parte a seguito di quel vasto fervore culturale che si é avuto a partire dai primi anni '50 e che ha interessato anche le problematiche della cosiddetta `civiltà contadina', si è sviluppata nel nostro paese, una fitta rete di musei, generalmente piccoli e medi, di origine prevalentemente volontaristica, spesso motivati anche da una sin troppo trasparente venatura nostalgica.

Gran parte di questi musei rappresentavano una risposta reattiva al massiccio processo di industrializzazione e di concentrazione urbana successivo all'ultima guerra mondiale ed un tentativo di non abbandonare totalmente le comuni memorie contadine specie in momenti in cui si manifestavano già i primi sintomi di crisi sia della industrializzazione che dell'urbanesimo[1] .

Non molti di questi musei sono riusciti a superare la fase della semplice accumulazione occasionale e più o meno ordinata di oggetti per entrare in quella più nobile di museografia scientifica e sorretta da una solida metodologia di ricerca, espositiva e documentaria.

Pochi, infine, hanno avuto la fortuna-sfortuna di essere istituzionalizzati.

Molti hanno avuto un arco di vita sin troppo breve.

Spesso ingiustamente ignorati dalla cultura accademica, vedono oggi affidata la loro sopravvivenza alla buona volontà ed all'impegno costante di poche persone o a sinergismi locali con situazioni che nulla hanno a che vedere con il loro messaggio istituzionale.